mercoledì 14 giugno 2017

Anathema - The Optimist: una giornata perfetta per evadere dal giudizio

(Recensione di The Optimist degli Anathema)


C'è qualcosa di magico che si crea tra gli artisti e gli ascoltatori. E' un vincolo unico dove la band che ascolti instancabilmente diventa parte integrante della tua cerchia. E' come se quella band fosse fondamentale nella tua vita e tu non veda l'ora di sapere qualcosa di nuovo su di essa. Per quello si aspetta con ansia un nuovo lavoro e quando questo esce lo si studia al millimetro, come le mamme scrutano in profondità il figlio che torna a casa dopo un po', capendo già dallo sguardo se stanno bene o meno. Ecco, certi gruppi entrano a fare parte della famiglia, e parlare apertamente dei parenti è sempre difficile.

Se non altro l'ultimo disco degli Anathema si guadagna a pieno merito il titolo di disco più controverso della loro carriera. Questo lavoro si chiama The Optimist e già con le prime recensioni che anticipavano la sua uscita spaccavano le opinioni di critici e fans. Personalmente devo dire che anch'io mi sento immerso in un grande conflitto e che a primo impatto sono rimasto molto deluso di questo lavoro. Ma la superficialità è un errore comune, soprattutto se si parla di arte, e perciò ho deciso di prendermi del tempo e di riprodurre una volta dopo l'altra questo disco, prima di esprimere la mia opinione.
Prima cosa da dire: gli Anathema ci hanno preso in giro. The Optimist, in contrasto col suo titolo, è stato presentato dalla band come il loro materiale più oscuro fino ad oggi. Per chi avrà ascoltato questo disco, anche una sola volta, la verità è evidente, questo è il disco più luminoso della band inglese fino ad adesso.
Seconda cosa: questo disco è stato concepito come una continuazione di A Fine Day to Exit, album dove, dal mio punto di vista, per la prima volta l'ago della bilancia tendeva più verso il rock che verso il metal. The Optimist sembra, effettivamente, una continuazione narrativa di quel lavoro, ma è una delle tante possibile vie con le quali era possibile sviluppare quel disco. The Optimist è la rinascita dopo l'evasione, è una nuova vita da vivere con nuova forza. E' senz'altro una lettura molto interessante ad affascinante, non priva di una componente nostalgica che ha a che fare col motivo dell'evasione, perno centrale di A Fine Day to Exit, ma che abbraccia una serie di elementi che non sono quelli che hanno reso celebri gli Anathema. E penso che nasce qua il grande conflitto con questo disco, perché più che mai gli Anathema hanno smesso di essere gli Anathema. Ed è qua che nasce la domanda essenziale: anche se è così questo è un lavoro valido, e sì quanto lo è? Cadiamo nel campo della soggettività assoluta ma basta un veloce giro in gruppi di discussione su questo lavoro o la lettura di altre recensioni per rendersene conto che per una grande maggioranza di pubblico questo è il peggiore disco degli Anathema fino ad oggi. Invece per me, e lo sto capendo soltanto adesso, non lo è. Questo è un disco diverso, con elementi nuovi, mai sperimentati fino ad adesso nella musica della band, con elementi sviluppati già nei loro ultimi lavori che adesso prendono una forza maggiore, per esempio tutta la parte di programmazione elettronica, ma è un disco pazzesco (tranne per qualche lacuna che illustrerò più avanti). Se questo disco fosse stato firmato da una band al debutto staremo urlando al capolavoro. Anzi, in un certo modo mi sento di dire che questo è il disco più ambizioso degli Anathema. Mai come prima la loro capacità di musicisti era stata utilizzata in modo architettonico, costruendo ogni brano con le risorse più variegate, dimostrando che l'esperienza arricchisce la saggezza. 

The Optimist

Ma qual è il punto che crea ribrezzo al primo ascolto e che sciocca cosa significativamente i vecchi fans della band? E' la nuova linea musicale. Non più mossa da quella dissacrante tristezza che gli Anathema sono sempre riusciti a manipolare. Prima col loro dissacrante doom, tra i più belli ed intensi mai sentiti, poi con quel metal di così difficile definizione che qualcuno ha definito come alternative metal o come gothic metal, genere che personalmente penso che abbia toccato l'apice con quel capolavoro chiamato Alternative 4 (che vi ho recensito qui). La tristezza era ancora presente in quella serie di album che si sono allontanati irrimediabilmente dal metal avendo una sonorità che si avvicinava molto di più ad un rock marcatamente britannico. E poi? Poi ci fu una lunghissima pausa che ci regalò dei nuovi Anathema. Ricordo che la prima recensione che ho mai scritto, parecchi anni or sono, è stata quella di We're Here Because We're Here, e la mia conclusione era che gli Anathema finalmente erano diventati felici. Per quello tutto diventò pomposo, abbracciando un rock progressivo di grande carica emotiva, come va di moda in questo decennio, catapultando la band ad una visibilità inedita. Molti rinnegarono questa nuova direzione dove la tristezza era diversa, non completamente sparita ma non più protagonista. I nuovi brani erano troppo belli, molto più ragionati e meno sentiti. Ma potevano rimanere fermi gli Anathema? Assolutamente no, e Distant Satellites ne è una dimostrazione. Una porta aperta ad un'elettronica dosata in tale modo di non diventare rivoluzionaria ma neanche inesistente. Ed eccoci finalmente a The Optimist. La vera differenza di questo disco con rispetto agli altri è che dietro a questi brani c'è una concezione nuova, molto più vicina a quello che può essere il mondo del post rock. Questa concezione si muove molto di più verso all'atmosfera che un brano riesce a ricreare piuttosto della storia che sta raccontando. E questa è la piccola grande rivoluzione di questo disco. Per quello non ritrovare quel profilo più di "canzone" disorienta tanto. Anche se non è completamente sparito. Infatti questo è il disco inedito più ambientale della band, ricco d'interventi sonori come registrazioni e programmazione elettronica. 

Penso ad illustre band che hanno intrapreso delle direzioni assolutamente diverse da quelle originali. Penso a certi gruppi che sono riusciti a fare delle cose così valide da giustificare qualsiasi cambiamento. Ma penso anche a quelle che cambiando hanno perso quella genialità che le ha contraddistinte. E' molto difficile decretare a quale categoria appartiene gli Anathema, soprattutto perché conoscendo il loro percorso è indubbio che ancora non abbiamo assistito a tutte le loro possibili vite. C'è però da dire che ovunque hanno deciso di andare sono sempre riusciti a dare il meglio. Per quello nessuno deve azzardarsi a pensare che The Optimist sia un disco brutto, facile, mediocre. No, è un disco pazzesco. Ma è un disco che deve fare un confronto con la storia della band. Storia che ha regalato, a quelli della mia generazione, dei dischi così struggenti da essere delle vere e proprie lezioni di vita. Per quello se io dovessi fare una scelta mi terrei molto più stretto il passato musicale della band piuttosto dei questo disco, ma questo non vuole assolutamente dire che questo lavoro non sia valido.

Anathema

Prima vi ho parlato di elementi nuovi, mai messi in gioco fino ad oggi nella musica della band. Questi elementi hanno a che fare con una serie di arrangiamenti che prevedono l'utilizzo di strumenti a fiato oltre ad una serie di orchestrazioni, prendendo quasi una piega jazz. La domanda che rimane appesa è se siamo di fronte ad una nuova evoluzione che si approfondirà nei prossimi lavori o se si tratta soltanto di qualcosa di passeggero. Dal mio punto di vista è questa la pecca di questo lavoro. E' quello il punto dove sembra d'aver perso gli Anathema, che non solo hanno cambiato pelle ma che sono pure pronti a sembrare un altro gruppo. E questo cambio dal mio punto di visto non giova alla band. 
Credo che per capirlo più profondamente basta ascoltare il brano di chiusura di questo disco, Back to the Start. E' un brano che inizia con la solita impronta della band. Melodia nostalgiche molto ricercate su una atmosfera molto ben riuscita. Sembra bellissima, ma improvvisamente cambia, entra in gioco l'orchestra e quell'ambiente vellutato di nostalgia viene inondato da un'eccessiva luminosità. Non ci siamo, questo non è quello che ha reso celebre la band.
Invece se prendiamo un brano come Leaving it Behind abbiamo una mostra di quello che possiamo definire come gli Anathema odierni. Una costruzione perfetta di un brano ricco di originalità che non si discosta mai delle caratteristiche che hanno reso celebre la band. L'elettronica e la parte "suonata" vanno perfettamente della mano tirando fuori una canzone massiccia degna del grande repertorio da ascoltare e riascoltare. 


Tirando le somme è molto difficile essere esaustivo in un eventuale giudizio ma ripeto che preso singolarmente The Optimist è un disco di una bellezza unica, di ricercati arrangiamenti che sono frutto di un'esperienza musicale non indifferente. E' un disco che sintetizza molto bene quello che sono gli Anathema degli anni 2000, architetti di ambienti sonori ed emotivi. Preso nel contesto della discografia della band sembra quasi impensabile che questo lavoro sia nato dalle stesse menti che hanno iniziato scavando il doom con una sensibilità mai sentita prima e che, sembra, non tornerà mai più. Invecchiando si cambia, e quest'ottimismo purtroppo sembra rendere tristi tante persone ma regala un disco che sarà divorato da chi ama la musica in una scala più universale. Per quanto mi riguarda ogni tanto l'ascolterò, ma molto meno spesso di altri lavori della band.

Voto 8/10
Anathema - The Optimist
Kscope
Uscita 09.06.2017

Sito Ufficiale Anathema
Pagina Facebook Anathema

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